Giovanni Paolo II - uno dei grandi liberatori
Giovanni Paolo II insistette a collegare la vera libertà umana alla verità, soprattutto alla verità morale. Vivere nella verità era necessario per lui per vivere una vita nobile in libertà – prof. George WEIGEL
Poco dopo la morte di Giovanni Paolo II, il 2 aprile 2005, Henry Kissinger lo definisse come una figura emblematica della fine del XX secolo. Questa opinione era certamente legata al ruolo chiave che Giovanni Paolo II svolse nel rovesciare il comunismo in Europa. Tuttavia, col passare degli anni dalla sua morte, mi sembra che la grandezza di Giovanni Paolo II sia dovuta in gran parte alla sua analisi profonda della condizione umana nella tarda modernità e nella postmodernità. Queste intuizioni vennero dalla sua solida fede, che a sua volta gli diede la straordinaria capacità di “vedere” il mondo da una prospettiva biblica, dalla sua intensa vita intellettuale, attraverso la quale capì ciò che vide, ed infine dalla sua ricca esperienza pastorale, che lo aiutò a comprendere gli effetti di ciò che vedeva ed analizzava nella vita quotidiana delle persone.
Egli sapeva ed insegnava che il progetto della civiltà che noi chiamiamo “Occidente” nasceva da una feconda interazione tra Gerusalemme, Atene e Roma; dall’insegnamento basato sulla religione biblica che la vita è un pellegrinaggio e richiede una ricerca coraggiosa; da una fiducia greca nelle capacità della ragione di conoscere la verità; dalla credenza romana che lo stato di diritto prevale sul principio della forza bruta.
Quando la religione biblica viene rifiutata, la fede nella ragione comincia a fallire e l’irrazionalità diventa una forza pericolosa nella vita pubblica. Vedendo tutto ciò, Giovanni Paolo II era estremamente previdente in relazione alla crisi morale della civiltà dell’Occidente del XXI secolo.
Egli sapeva ed insegnava che l’umanità è “teotropica”: lo spirito umano ha un innato desiderio del divino ed un costante bisogno di culto. Quindi, se non vengono trovati i veri oggetti di fede e di culto, lo diventeranno oggetti falsi. Così l’autocostruita prigione del secolarismo indebolisce lo spirito umano, tentandolo ad adorare falsi dei, come la ricchezza ed il potere.
Egli sapeva ed insegnava che Dio non è un rivale dell’umanità, una sorta di “Super-Essere” in competizione con altri esseri. Giovanni Paolo II, invece, seguendo le orme di San Tommaso d’Aquino, ripeteva che Dio è l’essenza stessa. Dio che si presentò a Mosè come “IO SONO COLUI CHE SONO” [Esodo 3,13] è l’ipsum esse subsistens dei filosofi – ciò che rende possibile tutto il resto. Gli umanisti atei del XIX secolo (Comte, Feuerbach, Marx, Nietzsche) fraintesero sempre questo, così come i nuovi atei della fine del XX e dell’inizio del XXI secolo (Dawkins, Dennett, Harris, Hichens). Dio non è un concorrente dell’umanità; Dio della Bibbia è un liberatore per l’umanità. Sapendo questo, Giovanni Paolo II poteva diffondere la liberazione in prima persona.
Egli sapeva ed insegnava che la “scelta” non è tutto, e la libertà senza legame con la verità ed il bene diventa ingenua. Giovanni Paolo II capì che confondere la libertà con la mera arbitrarietà porta inevitabilmente la democrazia all’autodistruzione. Perché se c’è solo “la mia verità” e “la tua verità”, quando le nostre “verità” divergono, non c’è altra strada per concordare le differenze che non sia quella in cui tu mi imponi il tuo dominio o io ti impongo il mio.
Il ventesimo secolo avrebbe dovuto insegnare all’umanità a cosa porta la volontà distaccata dalla verità: Gulag, i campi di sterminio nazisti e l’Holodomor ucraino. È proprio per salvare l’umanità dalle future esperienze di autodistruzione, Giovanni Paolo II insistette a collegare la vera libertà umana alla verità, soprattutto alla verità morale. Vivere nella verità era necessario per lui per vivere una vita nobile in libertà.
Egli sapeva ed insegnava che una “società libera” del XXI secolo deve essere costituita da una comunità democratica, da un’economia orientata al mercato e da una vivace cultura morale pubblica. E la cultura fu la chiave per una vita politica ed economica veramente liberata, che riflette la dignità umana. Non visse mai in una democrazia matura o in un’economia di mercato correttamente funzionante, ma Giovanni Paolo II capì che la democrazia ed il mercato non sono macchine che si autogovernano.
Il sistema di politica democratica e di libera economia deve essere governato da persone virtuose, se non si vuole che queste libere istituzioni diventino autodistruttive.
Egli sapeva ed insegnava che la memoria storica deve essere purificata dalle menzogne per evitare in futuro gli errori, spesso fatali, del passato. Così fu nel caso della Chiesa e così fu nel caso delle nazioni. Riscrivere la storia per scopi parziali, politici o per evitare spiacevoli verità sul passato della Chiesa fu una maledizione per Giovanni Paolo II – e dovrebbe esserlo per tutti coloro che rispettano la sua memoria.
Egli sapeva ed insegnava che la tolleranza non significa evitare o ignorare le differenze; la vera tolleranza significa coinvolgere le differenze in un legame di gentilezza e rispetto per l’“altro”, in modo che la verità possa essere spiegata ed il bene comune possa servire a tutti. Per Giovanni Paolo II, “solidarność” (solidarietà) non era solo il nome di un sindacato o di un movimento di riforme sociali e politiche; “solidarność” era anche una virtù necessaria di una società libera. Solidarność, orbene, si basa sulla vera tolleranza. Egli sapeva ed insegnava che il patriottismo non va confuso con un cieco nazionalismo, che toglie all’“altro” ciò a cui ambisce per la propria patria.
In tempi di scetticismo, cinismo e secolarizzazione colpisce il fatto che tutte queste osservazioni e conclusioni provengano, in un modo o nell’altro, dalla convinzione di Giovanni Paolo II che Gesù Cristo è la risposta alla domanda, che è la vita di ogni uomo. Questa convinzione aprì Giovanni Paolo II ad un vasto mondo di conversazioni con coloro che erano “diversi”. Ciò risvegliò la Chiesa cattolica. E fece del Papa uno dei grandi liberatori.
George Weigel