Jan ROKITA: Putsch imitato

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Jan ROKITA

Filosofo in politica. Attivista dell'opposizione in epoca comunista, in seguito deputato del Sejm.

Ryc.: Fabien CLAIREFOND

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Per i polacchi, quegli otto anni iniziati con l’imitazione del putsch del 13 dicembre furono il periodo più buio della vita della generazione precedente. Non solo un periodo di violenza, di carceri colme e di uccisioni segrete, ma anche di degrado della qualità della vita e di rovina economica.

.La Polonia ci è ben nota come terra di insoliti esperimenti politici, dal XVII-XVIII secolo, quando difendeva ostinatamente il suo sistema repubblicano di libertà, nonostante l’Europa post-westfaliana si fosse trasformata in un dominio di monarchi assoluti, fino alla „Solidarność” del XX secolo, unico esperimento riuscito di insurrezione pacifica contro l’impero sovietico. Quello che successe in Polonia esattamente 40 anni fa – il 13 dicembre 1981 – aveva lo scopo di sopprimere questo esperimento di „Solidarność”. Tuttavia, costituì anche un esperimento in sé, con la differenza che fu portato avanti dai comunisti polacchi, e si rivelò un esperimento piuttosto sfortunato.

Dopo che il Politburo sovietico negò ai comunisti polacchi un intervento armato “alleato”, questi ultimi affrontarono la sfida di sopprimere autonomamente l’insurrezione pacifica di dieci milioni di membri di „Solidarność”. Come metodo innovativo per questa operazione inventarono… un putsch, apparentemente affascinati dai numerosi colpi di stato dei colonnelli che avevano avuto successo in Africa e America Latina. Nel sistema sovietico, l’esercito era sempre uno strumento del Partito; l’innovazione dei comunisti polacchi era che ora doveva accadere il contrario. Questo bizzarro progetto politico sarebbe dovuto passare alla storia europea come l’ultima idea per salvare il comunismo marcio, anche se era invischiato in un paradosso inconfutabile. I comunisti polacchi, che detenevano ancora pieno potere, non avevano nessuno contro cui organizzare un vero e proprio colpo di stato. Seguendo la logica, avrebbero dovuto farlo contro loro stessi. Ecco perché inventarono allora lo scenario innovativo di un’imitazione del putsch.

Così, in preparazione del putsch, fu in primis rimosso il primo segretario civile e messo al comando il comandante dell’esercito del partito comunista, il generale Jaruzelski. Quando il putsch iniziò la notte del 13 dicembre, il capo del partito e, allo stesso tempo, il leader degli “attori del colpo di stato” fece vestire un gruppo di suoi accoliti in uniforme e, seguendo l’esempio classico dei putsch vincenti in Africa o in America Latina, i loro nomi furono annunciati come la giunta militare che avrebbe d’ora in avanti detenuto i pieni poteri. Una simile mascherata ebbe luogo in televisione, controllata dal Partito. Lì, di notte, gli speaker furono vestiti con uniformi da ufficiali e dal primo mattino, già come “putschisti”, annunciarono la dichiarazione della legge marziale, leggendo una lunga lista di atti (dagli scioperi alla distribuzione di volantini), per i quali d’ora in avanti sarebbe stata imposta la pena di morte, emessa, ovviamente, ad hoc da un tribunale militare. Come in un vero putsch, i carri armati furono portati nelle strade delle città, non per assoggettare gli edifici del governo o della televisione, bensì per concertarsi intorno alle miniere, ai cantieri navali e alle acciaierie dove “Solidarność” aveva proclamato il suo sciopero.

Perché, mentre al centro del potere il putsch sembrava una grottesca mascherata, agli occhi del popolo si manifestò come un’ondata di violenza del tutto reale e duratura. Chiunque la polizia politica riuscisse a catturare quella notte tra le migliaia di attivisti di “Solidarność” fu arrestato senza processo sulla base di liste di proscrizione precedentemente preparate. Le fabbriche in sciopero vennero assoggettate con la forza, a volte (come in Slesia) sparando agli operai con munizioni vere, come a Chicago il 1° maggio 1886. Ufficiali dell’esercito comunista di grado inferiore furono mandati in giro per il Paese come “commissari-putschisti”, prendendo il controllo di uffici governativi e aziende. Quest’ultimo atto in particolare si rivelò alla lunga un disastro: maggiori e luogotenenti nel ruolo di veri e propri capi d’azienda in poco tempo portarono l’economia polacca, già in crisi, alla rovina totale.

Per i polacchi, quegli otto anni iniziati con l’imitazione del putsch del 13 dicembre furono il periodo più buio della vita della generazione precedente. Non solo un periodo di violenza, di carceri colme e di uccisioni segrete, ma anche di degrado della qualità della vita e di rovina economica. Tuttavia, guardando oggi quella storia dalla prospettiva della “nottola di Minerva inizia il suo volo sul far del crepuscolo” di Hegel, si può notare un effetto sorprendente (di paradosso!), benefico per l’Europa come per la Polonia. Quel putsch fermò la lotta decisiva di “Solidarność” contro il sistema sovietico per otto anni, rimandando così la sua risoluzione a un’altra epoca incomparabilmente più amichevole: l’epoca di Gorbaciov. La maledizione storica dei polacchi durante tutto il XIX secolo e per più della metà del XX secolo fu precisamente il fatto che il destino del “cattivo tempo” pese sempre sulle loro successive rivolte per la libertà, dal 1830 al 1970. Ma alla fine del XX secolo, la fortuna fece qualche grande giro della sua ruota e i polacchi si trovarono improvvisamente nel momento storico più adatto alle loro aspirazioni.

.Al momento “giusto” nacque “Solidarność” ed esattamente al momento “giusto” perse la sua prima battaglia con i comunisti. Perché il comunismo globale marcio aveva bisogno, per accelerare la sua fine, di una leggenda di un movimento spontaneamente popolare perseguitato per il suo sogno di “mondo giusto”. Il rinvio del momento della dissoluzione definitiva dei polacchi per mano del sistema sovietico fino al 1989 fece sì che le aspirazioni polacche potessero non solo prendere una piega felice, ma diventare inaspettatamente le aspirazioni di tutta l’Europa. La caduta del muro di Berlino e la ricostruzione dell’unità europea furono risultati inaspettati di questo cambiamento. I “putschisti” comunisti della notte del 13 dicembre persero poiché non furono in grado di comprendere il significato dello spettacolo storico al quale avevano partecipato come ridicoli travestiti in uniforme. Ma i patrioti polacchi che furono portati davanti alle corti marziali e trascinati in prigione, non avrebbero potuto immaginare, all’epoca, quanto rapidamente e quanto tangibilmente il loro sacrificio avrebbe acquisito un significato storico. E questo significato va ben oltre il sogno polacco di libertà.

Jan Rokita

Materiale protetto da copyright. Ulteriore distribuzione solo su autorizzazione dell'editore. 10/12/2021