Nel paese di Giovanni Paolo II, “Solidarność” innescò un meccanismo in cui la sovranità – almeno in modo simbolico – tornò dal sovrano, cioè il popolo

Lasciai la Lettonia ancora durante la guerra quando ero bambina. Per la maggior parte della mia vita vissi all’estero. Nel 1980 stavo lavorando all’università di Montreal – e ricordo che anche lì lo sciopero nei cantieri navali di Danzica fece scalpore.
Il fatto stesso che lo sciopero polacco sia stato menzionato in Canada fu un grande successo, perché in quegli anni tali proteste raramente acquisivano fama internazionale. Per molti anni i due blocchi di stati furono assai ermeticamente separati l’uno dall’altro da una cortina di ferro, oltre la quale le informazioni non potevano passare facilmente.
In Occidente, questo fu interpretato come un’altra protesta contro il potere comunista. Prima le proteste si osservarono in Ungheria nel 1956, in Cecoslovacchia nel 1968 e sulla Costa polacca nel 1970. Per questo motivo lo sciopero del 1980 suscitò tanto interesse. Molte persone in Occidente notarono questo slancio di massa contro il partito comunista al potere in Polonia. La protesta fu significativa, perché i lavoratori si mettevano contro le autorità, eppure in Polonia regnava il partito che si presentava come difensore delle masse lavoratrici. Lo sciopero fu una chiara accusa contro di esso – per non aver mantenuto la sua promessa fondamentale: garantire ai lavoratori la qualità della vita.
Per me, questa protesta fu l’ennesima conferma di un’ipotesi che facevo da parecchio tempo: che il comunismo fosse un’ideologia aliena che non corrisponde alla realtà.
I comunisti dicevano di aver preso il potere per conto del popolo lavoratore – ma non considerai mai questa tesi come vera. Lo sciopero di Danzica confermò ancora una volta che i comunisti usurparono solo il diritto di essere rappresentanti dei lavoratori. Le proteste di questo tipo, che seguirono negli altri paesi della regione, fecero sì che la sovranità – almeno in modo simbolico – tornasse al sovrano, cioè al popolo.
Negli anni Ottanta, la Polonia aveva una posizione unica tra gli altri Paesi comunisti, in quanto aveva una Chiesa cattolica molto forte. In aggiunta, Karol Wojtyła fu eletto Papa. Mi stupiva sempre che le autorità comuniste in Polonia avessero permesso alla Chiesa di assumere una posizione così forte, perché in realtà era un punto di riferimento indipendente dalle autorità – indeboliva la posizione del partito al potere e mostrava quanto il comunismo fosse un’ideologia aliena. Tale situazione era impensabile altrove. Durante l’era comunista, ad esempio, non poteva essere portata la Bibbia nel territorio dell’attuale Lettonia. Alcuni la contrabbandavano attraverso la Polonia – perché dal lato dell’Unione Sovietica era impossibile. La posizione della Chiesa in Polonia era una conseguenza, tra l’altro, del fatto che aveva una forte guida spirituale, che si rivelò essere Giovanni Paolo II. Ciò mise la Polonia in una situazione eccezionale rispetto ad altri paesi della regione.
Durante tutto il periodo della dominazione sovietica, i lettoni erano convinti che il loro Paese fosse stato sottratto loro da una forza straniera – ma che un giorno sarebbero riusciti a riconquistare la patria. Questo accadde quando l’Unione Sovietica crollò e Boris Eltsin divenne presidente della Federazione Russa. A proposito, già nel discorso che feci agli emigranti lettoni nel 1968, espressi la mia convinzione che l’URSS sarebbe crollata a causa di problemi interni che le autorità del Cremlino non sarebbero state in grado di risolvere – solo che non sapevo quando ciò sarebbe accaduto. Ciò avvenne finalmente nel dicembre 1991, e la Lettonia dichiarò la sua indipendenza nell’agosto di quell’anno.
La protesta “Solidarność” fu un passo importante verso l’indipendenza della Lettonia. Questo movimento diventò uno degli elementi chiave che portarono all’erosione dell’ideologia comunista. Nel 1956 in Ungheria assistemmo alla rivolta contro il sistema comunista. Ma ciò che vedemmo in Polonia negli anni ’80 fu qualcosa di completamente diverso, nuovo. I lavoratori in sciopero nei cantieri navali di Danzica fecero grandi sforzi per evitare che la loro protesta venisse percepita come una forma di provocazione delle autorità – per non dare all’Unione Sovietica una scusa per intervenire, come accadde nel 1956 a Budapest o nel 1968 in Cecoslovacchia. E, con l’occasione, svilupparono una formula di dialogo con le autorità senza precedenti. Dimostrarono inoltre che i lavoratori possono parlare efficacemente a nome proprio.
Vaira VĪĶE-FREIBERGA
